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Articolo Malattie Metaboliche corriere della sera 5 novembre 2018

 

Fenilchetonuria, la sfida di Veronica, Giulia e gli altri, diventati adulti

Lo screening neonatale ha evitato ai giovani pazienti disabilità cognitive e disturbi neurologici provocati dalla malattia metabolica rara. Presentata un’indagine sui bisogni dei pazienti: «Curateci in centri per adulti»

di Maria Giovanna Faiella

Veronica, 22 anni

 

Racconta Nicolò, 28 anni, laureando in giurisprudenza: «Mi hanno diagnosticato la fenilchetonuria quando avevo 19 mesi: lo screening neonatale è stato decisivo per iniziare una cura tempestiva. La mia famiglia e i medici mi hanno insegnato che non sono diverso dagli altri, ma che ho una dieta diversa». Giulia, 30 anni: «Non mi sono mai considerata “malata” e, se avessi avuto quest’età negli anni Ottanta, forse oggi non potrei fare quel che faccio: lavoro come operatrice socio-sanitaria, a volte faccio anche i turni di notte, non mi fermo mai». Veronica, 22 anni, insegnante di inglese e russo in un istituto superiore: «A 16 anni, con la scuola, ho fatto un’esperienza di volontariato in un ospedale croato “per pazienti con malattie metaboliche e non”. È stato uno shock: ho visto persone che non riescono a comunicare a causa della malattia, con problemi neurologici e altre difficoltà. Per la prima volta ho realizzato come sarebbe stata la mia vita se fossi nata in un Paese dove non c’è lo screening neonatale».

La conferenza

Grazie a questo test per la diagnosi precoce della fenilchetonuria, fatto 20-30 anni fa, e all’avvio immediato di una terapia dietetica specifica, Nicolò, Giulia, Veronica e tanti altri ragazzi hanno potuto evitare le gravi conseguenze di questa malattia metabolica genetica rara che provoca disturbi neurologici e gravi ritardi cognitivi. Di cosa hanno bisogno, oggi, questi giovani adulti? E quale futuro li aspetta? Se ne è discusso alla Conferenza annuale organizzata nei giorni scorsi a Mestre dalla European Society for Phenylketonuria (ESPKU) in partnership con Cometa Asmme (Associazione studio malattie metaboliche ereditarie onlus), col contributo, tra gli altri, dell’Osservatorio malattie rare.

A breve disponibile un enzima

Si stima che circa 50 mila persone nel mondo convivano con questa malattia metabolica rara, causata da mutazioni del gene PAH, per cui non si riesce a metabolizzare la fenilalanina – aminoacido assunto attraverso la dieta – che, quindi, si accumula nel sangue determinando effetti tossici per il sistema nervoso centrale. La diagnosi precoce, possibile grazie allo screening neonatale, obbligatorio nel nostro Paese dal 1992 su tutto il territorio nazionale, permette di iniziare subito una dieta specifica, supportata da adeguate integrazioni e, quando servono, da farmaci. «La fenilchetonuria rappresenta un paradigma per le malattie rare – esordisce Alberto Burlina, direttore dell’unità operativa complessa malattie metaboliche ereditarie e centro regionale dello screening esteso dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova -. È stata la prima a essere diagnosticata fin dalla nascita permettendo, con l’avvio di una terapia efficace basata sulla dieta, di prevenire danni neurologici e disabilità cognitive, presenti, invece, prima dello screening neonatale. Nel corso degli anni, poi, gli alimenti aproteici (a carico del Servizio sanitario) sono diventati sempre più gradevoli per i pazienti, sono disponibili farmaci ai quali rispondono bene alcuni malati, e presto sarà disponibile anche in Italia la terapia enzimatica sostitutiva, che permetterà di somministrare l’enzima mancante liberando i pazienti dall’obbligo di seguire una dieta rigorosa».

Non solo ragazzi

Fino a oggi ci si era soffermati solo sugli aspetti relativi all’età pediatrica, ma i pazienti sono diventati adulti e sorgono altri problemi. A far luce su come vivono i giovani adulti affetti da fenilchetonuria e sui loro bisogni è un’indagine qualitativa realizzata dalla società Atstrat, che ha coinvolto un campione di 21 adulti aderenti a quattro associazioni di pazienti: Cometa Asmme, Apmmc (Associazione prevenzione malattie metaboliche congenite), Ammec (Associazione malattie metaboliche congenite) e Associazione Iris – malattie ereditarie metaboliche. I risultati, presentati alla conferenza di Mestre, evidenziano le difficoltà che alcuni giovani hanno ancora nel seguire il regime alimentare prescritto: per loro è un fardello dover programmare i pasti, non si sentono liberi, per esempio, di andare a cena con gli amici o spostarsi per motivi di studio e di lavoro. Inoltre, tutti i ragazzi che hanno partecipato all’indagine segnalano la carenza di centri di riferimento per adulti.

Nuovi strumenti

«Quando diventi grande, spesso sei fuori casa, passi dei momenti fuori: la chiave è sapersi organizzare – suggerisce Nicolò, che ha partecipato all’indagine – . È un allenamento, un po’ come fare una corsa e, per continuare, devi conoscere i tuoi limiti e cercare di superarli». Insomma, da adulti bisogna diventare pazienti esperti, ma serve informazione e conoscere la patologia di cui si soffre. Il problema, però, non è solo il cibo. Dall’indagine emerge che la percezione della malattia e il supporto che si riceve cambiano molto, a seconda della regione in cui si vive. Per esempio, crea ansia e frustrazione la lunga attesa per avere i risultati dei test che servono a verificare i livelli di fenilalanina nel sangue, necessari per una dieta corretta. Per ridurre i tempi di attesa, al centro di riferimento di Padova hanno attivato un monitoraggio dei valori della fenilalanina direttamente a domicilio. «Ogni paziente è registrato sul server dell’azienda ospedaliera col numero di cellulare e una sua password – spiega Burlina – . I risultati li riceve entro 2-3 giorni tramite whatsapp».

Come e da chi essere seguiti

Un altro problema segnalato dai pazienti che hanno partecipato all’indagine è il disagio provato a essere seguiti, anche da adulti, nei centri di riferimento pediatrici. «Molti giovani sono ancora in carico presso i reparti pediatrici, ma questa è una malattia che dura tutta la vita, quindi avranno sempre necessità di un riferimento medico, soprattutto col passare degli anni – sottolinea Anna Maria Marzenta, presidente di Cometa Asmme, associazione che dal 1992 sostiene la ricerca sulle malattie metaboliche ereditarie e rappresenta oltre 800 pazienti di tutta Italia –. Dal 2016 è disponibile su tutto il territorio nazionale lo screening metabolico allargato: è tempo che la cultura sulle malattie metaboliche si diffonda sempre di più soprattutto in ambito medico e, per questo, chiediamo alle Università italiane e alle Scuole di Medicina di introdurre l’insegnamento delle malattie metaboliche ereditarie nel percorso universitario». Gli fa eco Niko Costantino, 27 anni, delegato di Cometa Asmme in ESPKU: «Il nostro futuro da adulti, e ancor più da anziani, rappresenta ancora un grande interrogativo: abbiamo bisogno di più studi e più strutture per adulti in modo da essere seguiti in maniera adeguata».

5 novembre 2018 (modifica il 5 novembre 2018 | 16:18)

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