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Si celebra oggi la Giornata mondiale della Fenilchetonuria

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“Niente carne, pesce, uova e formaggi. Tutta colpa di una malattia”

Si celebra oggi la Giornata mondiale della Fenilchetonuria, la patologia metabolica rara che oggi è possibile gestire seguendo correttamente una dieta integrata con una fonte proteica a base di miscele amminoacidiche prive di fenilalanina

 

CRESCERE senza poter assaggiare carne, pesce, uova e formaggi. A scuola, mentre tutti mangiavano a mensa, Francesca si portava il pranzo nel thermos preparato a casa dalla mamma con dentro pasta aproteica e nessun cibo proteico, neppure il cioccolato. Francesca è una delle rare bambine oggi giovane donna di 22 anni affetta da fenilchetonuria (PKU), malattia metabolica che in Italia, considerate tutte le varianti, colpisce 1 bambino ogni 2.581 nati. Oggi si celebra la Giornata mondiale di questa patologia che interessa circa 50.000 persone nel mondo e rappresenta la malattia rara metabolica più diffusa nel nostro Paese. Molti i problemi legati alla gestione della malattia che vengono affrontati nel corso di un convegno organizzato oggi a Firenze da Vitaflo e che coinvolge oltre ai medici anche due associazioni di pazienti: Cometa Asmme (Associazione studio malattie metaboliche ereditarie onlus) e Ammec (Associazione malattie metaboliche congenite).


La diagnosi a 18 giorni

A 18 giorni dalla nascita, i genitori di Francesca furono contattati dall’ospedale di Chioggia perchè dallo screening neonatale era emerso che la piccola aveva dei valori anomali e che sarebbero dovuti andare all’ospedale di Verona per fare ulteriori analisi. La bimba aveva una forma che è a metà tra la fenilchetonuria e l’iperfenilalaninemia. Da quel giorno iniziò a fare controlli regolarmente ogni due settimane ricevendo un latte di proseguimento a basso contenuto di fenilalanina.

Che cos’è la fenilchetonuria

Le persone affette da fenilchetonuria non sono capaci di metabolizzare la fenilalanina, un aminoacido essenziale presente in tutte le proteine: la dieta deve essere perciò necessariamente rigida. Si tratta di un’alimentazione con ridotto apporto di fenilalanina e quindi di proteine naturali, che deve essere personalizzata in funzione della tolleranza individuale alla fenilalanina, vale a dire l’apporto dietetico di fenilalanina compatibile con il mantenimento di valori ottimali dell’aminoacido nel sangue. Seguire la dieta è un impegno costante, del quale si occupano prima i familiari e poi il paziente stesso, per tutta la vita, e ci sono alcune fasi in cui risulta particolarmente complicato.

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Integratore a colazione, a pranzo e cena

Viste la difficoltà che questo tipo di malattia comporta per la nutrizione, per Francesca si decise di spostare lo svezzamento dai sei mesi agli otto, utilizzando un integratore che veniva mescolato con il latte, il succo, la pasta, insomma con tutti i cibi che mangiava Francesca, tre volte al giorno: a colazione, a pranzo e a cena. Da quando ha iniziato ad andare all’asilo nido, quindi dai nove mesi, fino agli otto anni circa, la dieta di Francesca consisteva in cibi aproteici, integratore tre volte al giorno, pane e pasta aproteici, latte di proseguimento per i neonati a colazione (perché ha un minor contenuto di fenilalanina) e assolutamente niente proteine. “Fino a 8 anni – racconta – non ho mai nemmeno assaggiato un pezzettino di carne, pesce, uova, formaggi, cioccolata. Ma grazie a questa dieta sono sempre riuscita a controllare in modo direi quasi ottimo la quantità di fenilalanina nel sangue. Solo quando mi ammalavo i valori salivano, ma fortunatamente sempre entro i limiti di non pericolosità”.

Il thermos come i muratori

All’asilo nido Francesca è stata fortunata perché la cuoca della mensa interna aveva preso a cuore la sua situazione e si era fatta carico di prepararle il pranzo con gli ingredienti adatti che le fornivano i suoi genitori. Alla materna, invece, la mensa era gestita da una cooperativa esterna, perciò nessuno voleva prendersi questa responsabilità: “Mia mamma ogni mattina mi preparava il pranzo con la pasta aproteica e le verdurine che avrei mangiato poi a mezzogiorno e mezzo, rigorosamente riscaldate perché andavo a scuola con il thermos del pranzo come i muratori. La preoccupazione dei miei era che io tentassi di assaggiare il pranzo degli altri, ma in realtà parlando con le maestre era venuto fuori che erano tutti gli altri bambini che volevano assaggiare il mio perché era diverso”.

Niente torta alle feste di compleanno

Fortunatamente alle elementari usciva ad ora di pranzo e poteva mangiare a casa. “Capitava che i miei compagni di classe mi invitassero alle loro feste di compleanno e facessero delle torte con il cioccolato o con la crema a base d’uovo e io mi limitavo a cantare tanti auguri e guardare loro che mangiavano la loro fettona di torta”, continua la ragazza. “Dopo un po’ però avevano capito il mio problema e alcuni genitori chiedevano ai miei che tipo di dolce potessi mangiare e lo facevano fare in modo che potessi gustarmelo anche io. Anche la maestra ogni tanto faceva dei biscottini per noi e per me faceva sempre il sacchettino di biscotti senza uovo e con la marmellata fatta in casa da lei”, ricorda Francesca che oggi frequenta il terzo anno di scienze Geologiche.

L’importanza dello screening neonatale


La storia di Francesca si aggiunge a quella di Nicolò, Giulia, Veronica e tanti altri ragazzi che hanno potuto evitare le gravi conseguenze di questa malattia metabolica genetica rara che provoca disturbi neurologici e gravi ritardi cognitivi grazie all’introduzione dello screening neonatale reso obbligatorio nel 1992. Con questo test oggi la malattia viene diagnosticata alla nascita e tenuta sotto controllo per tutta la vita con uno stretto regime alimentare a basso contenuto di proteine che prevede l’eliminazione di carne, pesce, uova e formaggi. Sono da limitare anche il pane, la pasta e i cereali per i pazienti con la forma più severa della malattia, mentre sono ammesse frutta e verdura, sebbene in quantità precise. La dieta deve essere poi integrata con una fonte proteica a base di miscele amminoacidiche prive di fenilalanina.

La dieta e gli alimenti speciali

Fino ad ora, la dieta rimane l’unico approccio in grado di controllare efficacemente la patologia per la maggior parte dei pazienti che sono costretti a fare tante rinunce alimentari con il rischio, soprattutto nel passaggio dall’età dell’infanzia a quella dell’adolescenza, di fare ‘sgarri’ e abbandonare la dieta. Proprio per agevolare la loro compliance alla terapia, oggi sono disponibili alimenti speciali a loro dedicati: oltre a bevande, succhi e cibi aproteici creati appositamente per chi ha questa patologia, bisogna integrare la dieta con speciali miscele di amminoacidi privi di fenilalanina e ci sono ora molte alternative per le diverse fasce di età con caratteristiche organolettiche e di gradevolezza migliori rispetto al passato.

Un centro di riferimento per gli adulti con Pku

E’ arrivato proprio in questi giorni l’annuncio dell’apertura di un centro che prenderà in cura il paziente adulto con malattie metaboliche, tra cui la Fenilchetonuria. Il Centro aprirà in Toscana, grazie alla collaborazione tra l’AOU Meyer e l’AOU Careggi di Firenze. La Regione Toscana ha, infatti, approvato la delibera che istituisce un percorso multidisciplinare di transizione per la gestione dei pazienti adulti affetti da malattie metaboliche. “In diversi convegni europei mi sono resa conto di come l’adulto sia un po’ abbandonato a se stesso: alcuni seguono la dieta in modo discontinuo, altri la abbandonano”, ha detto Simonetta Menchetti, Presidente AMMeC, l’associazione di pazienti che si è fatta promotrice della proposta di istituzione del centro . “La dieta, a oggi, è ancora l’elemento fondamentale per contrastare i danni di questa malattia che richiede di evitare qualsiasi tipo di proteina. Il centro che nascerà dalla transizione in Toscana può essere un riferimento per tutta Italia”.

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